Fico d'India, Pero pungente (Prickly pear)

Fico d'India, Pero pungente (Prickly pear)

Nome scientifico
Opuntia ficus- indica (L.) Mill

Famiglia
Cactaceae

Ordine
Caryophyllales

Classe
Magnoliopsida

Nome / nomi comuni
Fico d'India, Pero pungente (Prickly pear)

Nota descrittiva
Tra i cactus più diffusi al mondo e maggiormente commercializzati vi è sicuramente Opuntia ficus-indica. Introdotto in maniera capillare come frutto edule e come pianta foraggera, trova oggi nuovi impieghi in progetti di sviluppo agroforestale. Tuttavia non bisogna sottovalutare l'impatto ambientale quando diventa infestante. L'efficace diffusione dei semi tramite animali e la propagazione vegetativa rendono l'eradicazione del fico d'India molto difficoltosa, sia che venga praticata in modo meccanico, sia che venga effettuata mediante trattamento chimico. In alcune aree il controllo biologico integrato ha riportato risultati incoraggianti ma i conflitti con la produzione commerciale ne hanno limitato l'adozione. Gli usi e i consumi del fico d'India si perdono nel tempo. In Messico, dove la pianta è nativa, gli indigeni hanno imparato a utilizzare questa risorsa nel corso di migliaia di anni. I frutti, come in molte altri parti del mondo, mangiati crudi, contengono tra le più alte concentrazioni di vitamina C. Inoltre le pale (o cladodi) vengono impiegate per preparare un piatto tipico conosciuto come 'nopalitos'. Cocciniglie vengono allevate e moltiplicate su piante di Opuntia ficus-indica per l'estrazione dell'acido carminico con cui si ricava un colorante molto ricercato. Le forme senza spine forniscono un ottimo foraggio per il bestiame ma solo in maniera supplementare poiché, dato l'elevato contenuto di acqua, una dieta incentrata su di esse potrebbe provocare pericolose diarree negli animali.

Descrizione morfologica
Pianta succulenta che può raggiungere un'altezza di 5-7 m. Apparato radicale carnoso con sviluppo superficiale o fittonante in ragione della disponibilità dei nutrienti nel substrato. I segmenti vegetativi detti cladodi, sono ricoperti di cera e assumono tonalità di verde che diventa più acceso spostandosi dalla base lignificata verso l'apice. Le grandi pale centrali portano poche spine, lunghe circa 2.5 cm, o ne sono totalmente sprovviste, mentre i cladodi terminali in fase di crescita, oltre a reggere i fiori, sono irti di aculei di diversa consistenza. La forma invece è uguale per tutti: da ovata-oblunga a stretta ellittica; lunghezza 20-60 cm, larghezza 10-40 cm. Intorno alle areole si formano minuscoli ciuffi di peli, detti glochidi, muniti di una serie di uncini rivolti all'indietro e particolarmente irritanti. Fiori a forma di coppa, di colore giallo o arancio, lunghi 6-7 cm e larghi 5-7 cm; filamenti e antere gialli; stilo rosso brillante; stigma con lobi di colore giallo. Il frutto è oblungo, a forma di botte, carnoso, succoso, 5-10 cm x 4-9 cm, di solito privo di spine ma ricoperto di numerose areole; verde in un primo momento, diventa bianco, giallo, arancione o rosso in base alla varietà, tutte commestibili. Semi di colore marrone chiaro, subcircolari, 4-5 mm di diametro. Disseminazione: zoocora.

Nota ecologica
Terreni agricoli abbandonati sono siti elitari per l'attecchimento di Opuntia ficus-indica, ma può stabilirsi bene anche in arbusteti e cespuglieti semi-aridi e in savane disturbate; non gradisce invece praterie sottoposte a frequenti precipitazioni. Intorno al Mediterraneo, dalla Spagna alla Turchia, è spesso possibile scorgere piante isolate lungo i margini delle strade, su pendii scoscesi e su affioramenti rocciosi. Substrati con elevate concentrazioni di sali sono poco tollerati mentre prosperano su terreni ben drenati e, grazie al loro esteso sviluppo in superficie dell'apparato radicale, possono proliferare in terreni poco profondi e rocciosi. La diffusione della pianta si avvale di una elevata produzione di semi, 150-350 per frutto. Si riproduce anche per via vegetativa: interi cladodi o frammenti di essi, si staccano facilmente dal corpo principale della pianta e altrettanto facilmente vanno a radice dando origine a nuovi impianti. E' una pianta nativa di aree con un clima subtropicale caratterizzato da piogge estive e inverni freddi e secchi. In altre parti del mondo dove Opuntia ficus-indica è diventata invasiva, ad esempio Eritrea, Etiopia e nella zona del Capo in Sud Africa, esistono climi simili. Anche se oggi è coltivata con successo in diversi paesi del Mediterraneo, una prolungata carenza di umidità durante le estati calde e secche può essere un fattore limitante. Questo potrebbe spiegare perché la pianta non abbia mai invaso seriamente le aree mediterranee. Tuttavia, allo stesso tempo, va ricordato che nonostante sia nativa dei tropici, Opuntia ficus-indica non prospera in situazioni climatiche caratterizzate da elevata e costante umidità, né tantomeno in ambienti soggetti a prolungate condizioni di ombra. Periodo di fioritura: maggio-giugno. 

Contestualizzazione nella problematica ambientale della campagna
Presumibilmente orginario degli altopiani messicani, il fico d'India è stato introdotto in tutti i continenti, Antartide escluso. Benché la dispersione della specie sia permessa da una lunga serie di animali, è l'uomo il vero vettore a lunga distanza di Opuntia ficus-indica. In seguito alla scoperta delle Americhe, tutte le introduzioni nel Vecchio Mondo possono essere ricondotte a importazioni intenzionali da parte di coloni, missionari e, come sostenuto da alcuni, dallo stesso Cristoforo Colombo in occasione del suo primo ritorno in Portogallo nel 1493. Oggi è diventata una specie molto invasiva in Australia, Eritrea, Etiopia, Madagascar, Sud Africa e alle Hawaii, mentre nei paesi che hanno iniziato a coltivarla da poco tempo, ad esempio Brasile, Cina, India e Pakistan, vi sono concrete possibiltà di vedere gli stessi sviluppi. Di norma, infestazioni non si verificano nell'area mediterranea per i motivi climatici menzionati in precedenza. Opuntia ficus-indica non è una pianta invasiva nelle sue zone di origine per diverse ragioni. Primo, la pianta è massivamente impiegata da uomini e animali; secondo, è sotto continua pressione di una specifica rete di parassiti e di malattie che ne limita la proliferazione. Nei paesi di introduzione, questo controllo naturale viene meno e questo spiega in parte il comportamento aggressivo della specie in alcune aree. Nelle zone dove diviene invasiva forma boschetti densi e impenetrabili e, entrando in forte competizione con tutti gli altri tipi di vegetazione, impone il pascolo selettivo delle poche piante native rimaste con il rischio concreto di far evolvere il sistema in una monocoltura di Opuntia ficus-indica, che provocherebbe una drammatica perdita di biodiversità. Inoltre in alcuni paesi africani, infestazioni delle terre coltivate stanno riducendo gradualmente le aree coltivabili e gli agricoltori non disponendo di adeguati mezzi, non riescono a limitarne l'avanzamento. Per contro, dal momento che le colture di Opuntia ficus-indica di solito apportano notevoli vantaggi economici e sociali alle popolazioni locali, spesso si innesca un intricato conflitto di interessi tra chi ravvisa la necessità di eradicarla e chi invece si auspicherebbe un'ulteriore espansione della specie. Questo contrasto limita di molto l'adozione delle misure di controllo disponibili. Il termine usato per il genere sembra derivare da Opunte, città della Locride greca, mentre ficus-indica fa riferimento alla provenienza della pianta.

Specie simili
O. ficus-indica (L.) Mill.

Caratteristiche distintive
Cladodi con spine lunghe circa 2.5 cm o assenti. 

Specie simili
Opuntia elata Salm-Dyck 

Caratteristiche distintive
Cladodi con spine molto più lunghe.

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LIFE13 ENV/IT/842

Progetto CSMON-LIFE, Cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma LIFE+.